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I luoghi dello spirito
Secondo libro di Samuele (cap. 7), si è rifiu-
tato di racchiudersi in un luogo, sia pur santo
e maestoso come il tempio desiderato dal pro-
feta Natan e dal re Davide. Quella casa a Dio
non piacque e non vi volle andare ad abitare,
preferendovi una tenda mobile, la Tenda del
convegno, di sua natura leggera e assecondan-
te la mobilità umana. La Tenda del Convegno
era una struttura agile, con la caratteristica di
stare al passo dell’uomo itinerante. La Tenda si
montava e si smontava sulla base del cammi-
no del popolo di Israele, seguendone non solo
materialmente i passi, ma anche idealmente i
momenti della esistenza.
È chiaro: tempi, oggetti e luoghi non hanno
in se stessi la forza di santificare e possedere lo
Spirito, ma da esso possono essere abitati nel-
la misura della scelta dello Spirito di legarsi a
quel luogo in forza di un motivo più alto. Geru-
salemme non è città santa per virtù propria ma
perché in essa, ancora oggi, si vivono l’amore
e la devozione dei tanti fedeli delle tre religioni
monoteistiche rivelate. Quando Dio sceglie di
farsi prossimo e vicino a chi lo ama con mag-
gior passione, ecco che l’ambiente si riempie di
un alone spirituale del tutto particolare. Così
lo spazio diventa sacro, il tempo viene santifi-
cato, e chi entra nello spazio e nel tempo sacro
avverte che qualcosa scorre e vive. Ma nulla
potrà mai garantire che quel luogo rimarrà sa-
cro e abitato dallo Spirito, se non l’ininterrotto
flusso di amore che riconduce chiunque pas-
sasse dal quel posto, all’esperienza delle origini
che ha santificato quel posto.
Ciò che conta non è il
dove
, ma l’amore e
la fede che rendono ogni
dove
un luogo sacro
abitato dallo Spirito.
Il tempo della Quaresima, che noi diciamo
sacro, sta lasciando il posto al Triduo pasquale
e alla solennità della resurrezione di Gesù. E,
tuttavia, saranno giorni sacri solo se in essi vi
metteremo amore e fede e preghiera al mistero
del dono di Dio.
Buona Pasqua.
I
L
PARROCO
DON
A
TTILIO
La città come luogo dello spirito
U
no dei tanti meriti dell’Arcivescovo di Mi-
lano Carlo Maria Martini (1980-2002) è
stato il coraggio di proporre ai credenti,
e non solo, la città come “luogo dello spirito”.
Già la prima famosa lettera pastorale del nuo-
vo Arcivescovo,
La dimensione contemplativa
della vita
(1980), stupì perché propo-
neva anzitutto a coloro che vivono
sopraffatti dal rumore, dalla fret-
ta e dall’ansia della vita, elementi
che caratterizzano in particolare la
vita nelle grandi città, il ritorno a
“un senso più profondo dell’esse-
re dell’uomo, un ritorno alle radici
dell’esistenza”, attuato attraverso la
riscoperta del silenzio, dell’ascolto,
della preghiera contemplativa.
Nell’ottobre del 1995 l’VIII
edizione della “Cattedra dei
non credenti” ebbe come
titolo “Questa nostra
benedetta maledetta
città”, con l’intenzione di far emergere quelle
condizioni e quegli atteggiamenti che possono
rendere la vita quotidiana nella città invivibile e
assurda o piuttosto invece capace di senso.
Più in generale, Martini ebbe sempre come
punto di riferimento spirituale la città santa di
Gerusalemme, dove scelse di vivere al termi-
ne del suo episcopato milanese e che lasciò
con rammarico solo per motivi di salute.
La amava non solo per il suo significa-
to storico, per essere stata la città delle
promesse di Dio a Israele e la città della
Pasqua di Gesù, ma anche per la tensio-
ne escatologica che essa significa: la no-
stra esistenza di credenti, come mostra
in particolare il libro dell’Apocalisse,
è un grande pellegrinaggio verso
la città futura, la Gerusalem-
me celeste, dove si compirà
il regno di Dio e il disegno
sulla storia. La Scrittu-
ra, del resto, fa inizia-