Pagina 2 - Il Tassello

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Opere di misericordia corporali
Visitare i carcerati
Q
uesta volta, mi permetto di lasciare ripo-
sare i santi per raccontare qualcosa della
mia esperienza personale.
Da circa un anno ho occasione di andare
nel carcere di S. Vittore a Milano per confessare
i detenuti in prossimità del Natale e della Pa-
squa. Al di là del riconoscimento o meno della
propria responsabilità riguardo ai reati di cui
vengono accusati, ho scoperto che la confessio-
ne sacramentale è comunque per i detenuti mo-
mento significativo di verità nei confronti di se
stessi e davanti a Dio, alla quale generalmente si
preparano in modo coscienzioso e sincero, grazie
anche, in alcune occasioni, all’aiuto loro offerto
dai seminaristi che prestano il loro servizio in
carcere nei fine settimana. Oltre alla possibilità
di colloquio con i cappellani, la confessione è per
i detenuti l’opportunità di vivere un’esperienza
di autenticità, nella quale emergono sentimenti
veri, angosce e speranze, soprattutto – è una del-
le cose che mi hanno colpito di più – la preoccu-
pazione per i loro famigliari e per le persone loro
care, nei confronti delle quali affiora puntual-
mente un misto di affetto, di ansia, di vergogna,
di accorata nostalgia.
Mi vengono in mente le parole che mi disse un
deserti
”(Lc 8).
Con quest’uomo Gesù visse la logica delle
opere di misericordia affrontando ciò che
genera e accresce il dolore; Gesù si disinteressò
dei sintomi della malattia e combatté in prima
persona l’origine del male. A differenza di altri,
che avevano cercato di alleviare le sofferenze
dell’indemoniato mediante l’uso dei ceppi e
catene tentando di contenere la violenza che
l’indemoniato agiva su di sé e sugli altri, Gesù
individuò la causa del male di quell’uomo e, in
senso più ampio, la causa delmale della umanità
intera. Gesù ordinò allo spirito immondo di
andarsene, gli intimò di abbandonare una casa
che non era stata fatta per lui ma per lo Spirito
di Dio. La casa del demonio non può che essere
quella di un animale, e Gesù lo scacciò in un
branco di porci.
Conosciamo la conclusione del racconto:
la mandria di porci, invasa dal demonio, si
imbizzarrì e si scaraventò giù dal dirupo; e i
Geraseni si ritrovarono così con un loro fratello
salvato ma con una mandria di maiali in meno.
Decisero di non far entrare in città Gesù e lo
pregarono di andarsene. Quegli stessi uomini
che tentarono di salvare l’indemoniato con i
ceppi e le catene, alla prova dei fatti non furono
disposti a pagare il prezzo di una mandria. In
un solo gesto Gesù smascherò la falsa carità dei
geraseni indisponibili a pagare di persona la
salvezza del proprio fratello, e, insieme, riportò
alla vita chi ormai era incamminato sulla via
della totale e degradante disumanizzazione.
Oggi, come allora, Gesù ridà vestito, cibo,
acqua, libertà, dignità e vita attraverso uno
scavo più profondo. Le opere di misericordia
corporale ci avvertono che c’è una radice del
male che è più amara dei suoi frutti, e va
cercata e scovata nel mistero dell’iniquità, vero
promotore di dolore e degrado umano. Bisogna
combattere il male, e non semplicemente lenire
i dolori dei sintomi. Questi ci parlano del vero
nocciolo della questione che rimane il cuore
dell’uomo.
Da esso escono tutte le impurità che rendono
l’uomo impuro, o, al contrario tutte le bellezze
che lo rendono puro. Gesù ci porta così, ancora
una volta, alla questione centrale che è la
conversione personale a lui. Fino a quando
l’uomo non avrà compreso che il male si annida
nel suo cuore e non si impegnerà a rivolgere la
sua anima al Signore, il male troverà sempre
posto nell’intimità della umanità; così risulterà
a volte velleitario curare le esternazioni del
male, e, per quanto necessaria sia la cura
dei sintomi, è più urgente sanare la radice. Il
tempo di quaresima che andiamo ad iniziare
in questo anno giubilare della misericordia ci
aiuti a individuare il male in noi, ad affrontarlo
e a chiedere la conversione all’Altissimo.
Don Attilio