Pagina 14 - Il Tassello

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La misericordia per il nostro pianeta
Per la tua mania di vivere in una città
guarda bene come “cià” (ci ha) conciati
la metropoli.
Belli come noi ben pochi sai ce n’erano
e dicevano
quelli vengono dalla campagna.
Ma ridevano si spanciavano già sapevano
che saremmo ben presto anche noi diven-
tati
come loro.
Tutti grigi come grattacieli con la faccia
di cera
con la faccia di cera
è la legge di questa atmosfera
che sfuggire non puoi
fino a quando tu vivi in città.
Nuda sulla pianta prendevi
il sole con me
e cantavano per noi sui rami le allodole.
Ora invece qui nella città
i motori delle macchine
già ci cantano la marcia funebre.
E le fabbriche ci profumano anche l’aria
colorandoci il cielo di nero che odora di
morte.
Ma il Comune dice che però la città è mo-
derna
non ci devi far caso
se il cemento ti chiude anche il naso,
la nevrosi è di moda:
chi non l’ha ripudiato sarà.
Ahia. non respiro più, mi sento
che soffoco un po’,
sento il fiato, che va giù, va giù e non viene
su,
vedo solo che qualcosa sta nascendo...
forse è un albero
sì è un albero
di trenta piani.
Un albero di trenta piani
Mi ritorna in mente
E
ra avanti di quarant’anni Adriano Ce-
lentano quando nel 1972 ha scritto i
versi e musicato questa canzone.
Si potrebbe dire che questo testo è la “magna
carta” di tutti gli ecologisti della prima ora, e
leggendolo bene si può affermare che dentro ci
sono molti dei motivi delle lotte di tutti i partiti
“verdi”.
Passaggio dalla campagna alla
città, inquinamento, smog,
palazzoni, nevrosi, mettia-
moci anche i tumori (che
Celentano per pudore non
nomina), tutti argomenti
che hanno fatto e stanno
facendo tuttora la storia di
questi decenni.
Non sono purtroppo ecologi-
sta al cento per cento, qualche vol-
ta sbaglio a fare la raccolta differenziata, non
spengo il motore dell’auto quando sono in co-
lonna per una coda o ad un semaforo lungo,
ma mi arrabbio facilmente quando vedo sul ci-
glio delle nostre strade immondizia gettata (in
un “nobile” sacchetto) da qualche imbecille di
turno.
Oppure quando il conducente della macchi-
na che mi precede getta qualcosa dal finestrino
per la serie “tanto c’è chi pulisce”.
Tralascio di imbarcarmi in cose più grandi
di me come il riscaldamento globale, le eco-
mafie, i rifiuti tossici che fanno molto business,
tradotto affari. Non è di mia competenza.
Dico solo, a furia di essere pedante e noioso,
che , nel nostro piccolo dobbiamo e possiamo
avere una coscienza civile ecologica. Pensiamo
solo una cosa: ci farebbe piacere vivere in una
città sporca dove i netturbini non riescono a
pulire (l’immagine che mi viene è quella di una
piazza dopo un concerto o una manifestazione)
e dove tutti fanno i loro comodi?
E se immaginassimo di usare
un po’ meno le nostre auto-
mobili per fare tragitti che si
potrebbero fare a piedi o in
bici?
In questi tempi in cui
tramite il web , i social, gli
smartphone, si dice tutto e il
contrario di tutto, cerchiamo
un po’ insieme di costruire e co-
struirci una mentalità di progresso.
Il “tanto peggio tanto meglio” non serve a
nessuno, serve invece collaborare tutti per una
comunità che sia veramente “civile”.
Usare il buon senso nelle cose di tutti i gior-
ni non è un esercizio difficile anche se richiede
attenzione ,quella attenzione che ciascuno di
noi deve avere per le proprie cose ma anche per
le cose altrui.
In caso contrario non si va da nessuna parte,
anzi si, verso quello che da più parti si sente
ripetere: la desertificazione. Ma non solo quella
delle terre arse, quella delle menti e dei cuori.
Giovanni