Pagina 6 - Il Tassello

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Il profumo degli inizi
Giovanni
E fu da quel momento che Giovanni s’innamorò della musica, perché subito dopo la radio
trasmise anche “Una lacrima sul viso” cantata da Bobby Solo, un’altra canzone del festival.
Tutte belle quelle canzoni. Più avanti, sfogliando il Radiocorriere TV ,una rivista che in
famiglia si comprava, vide le foto di Gianni Morandi, Rita Pavone, Domenico Modugno,
Mina, Adriano Celentano, Claudio Villa e una giovane Caterina Caselli, che negli anni a se-
guire avrebbero monopolizzato il panorama musicale italiano.
In casa, si ricordò che c’era un giradischi perché ogni tanto la mamma comprava qualche
disco del cantante del momento facendo però attenzione sempre a far quadrare il bilancio.
Frugando nel mobile in sala da pranzo Giovanni trovò i dischi che fino ad allora non lo inte-
ressavano per niente e cominciò, col permesso della mamma, a sentirne qualcuno. Ben presto
l’accoppiata giradischi-radio divenne vincente.
In autunno, alla radio, cominciò un nuovo programma destinato però ad un pubblico di
giovani, si chiamava “Bandiera gialla” come l’omonima canzone che in quell’anno venne
lanciata da uno sconosciuto Gianni Pettenati. Un successone. In quel programma, oltre ai
dibattiti, c’erano anche le musiche straniere, si sentivano i primi successi dei Beatles, dei Bee
Gees, la canzone del cantautore francese Michel Polnareff che poi anche in Italia ebbe un
clamoroso trionfo col titolo “La bambolina che fa no no no”, e tanto altro.
Qualche anno dopo aveva imparato ad aspettare tutti gli eventi musicali proposti dalla te-
levisione e sotto traccia “spiava” anche la musica che ascoltava suo fratello. Quella classica
che suonava al pianoforte no, ancora non lo interessava, ma c’era quel cantante, tale Sal-
vatore Adamo, italo-belga di lingua francese, che proponeva motivi romanticissimi che alle
ragazze piacevano tanto, di cui anche Giampaolo comperava i quarantacinque giri. Partico-
larmente famosa “La notte”, un grande successo, ma particolarmente bello il pezzo “Lei”,
una canzone triste che parlava di un amore finito. Intanto, alla fine degli anni sessanta, il
panorama musicale italiano si popolò di una sterminata fila di complessi: i cosiddetti “ca-
pelloni” spuntavano da tutte le parti. Giovanni fece la conoscenza dei Nomadi che qualche
anno prima scomodarono anche i censori con il brano “Dio è morto”; dei Pooh; dei Giganti,
un gruppo milanese che ebbe grande momento di popolarità con “Tema”; dei Dik Dik, dei
Camaleonti, delle Orme.
Questi gruppi, ma anche altri non citati, eseguivano le “cover” di successi stranieri con
grande ritorno commerciale. Negli stessi anni, cominciava la sua carriera anche Massimo
Ranieri che con “Rose rosse” andrò dritto al cuore di tutte le mamme, ma Giovanni, ormai
tredicenne, nel 1969, grazie agli educatori dell’oratorio conobbe un altro filone di musica,
quella impegnata. E allora bene Fabrizio De André, bene Francesco Guccini, benissimo Lu-
cio Battisti anche se non così… serio. Ma quanto mai popolare.
Anche oggi, il Giovanni grande ricorda in bianco e nero un emozionatissimo Battisti ci-
mentarsi sul palco del festival di Sanremo cantando “Un’avventura”. Eliminata subito,
divenne un successo clamoroso. E, sempre il Giovanni adulto di oggi, vuole giocare a fare
una sua personalissima classifica dei cinque brani più belli degli anni sessanta, senza però
metterle in posizione: “Dio è morto” dei Nomadi, “C’era un ragazzo che come me amava i
Beatles e i Rolling Stones” di Gianni Morandi, “Azzurro” di Adriano Celentano, “Insieme a
te non ci sto più” di Caterina Caselli e, ovviamente, “Un’avventura” di Lucio Battisti.
Buoni ricordi a tutti...