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Sulla festa...
Musica Maestro!
Canti popolari per la festa
“
Ma lei non si vergogna di insegnare a scuola media?” Ero atterrito, stavo sostenendo l’esame per
essere ammesso nei ruoli scolastici e questa esaminatrice esordiva così. “Ma scusi cosa ho fatto?”
chiedo io con un filo di voce. “Lei ha scritto INTENSITÀ senza l’accento sulla A! Si vergogni!” Di-
venni di tutti i colori, poi replicai dicendo: “Mi scusi è stata una svista” “Va beh! Passiamo oltre.” “Lei
nel suo elaborato ha scritto che ai ragazzi di seconda media proporrebbe la storia dei Trovatori e dei Tro-
vieri e dei loro canti medioevali.” “Mi dica come si chiamavano in Italia i Trovatori?” Risposi: “ In Italia
si chiamano Trovatori” “Lo dicevo che lei non è preparato, INTENSITÀ senza accento, ma mi faccia il
piacere.” Risposi “In Italia si chiamavano Trovatori e Trovieri persino Dante Alighieri parla del “Trovator
Sordello” non saprei, me lo dica lei.” Risponde “In Italia si chiamavano giullari e menestrelli.” Sbottai in
una fragorosa risata. “Che cosa ha da ridere, le ricordo che lei è sotto esame!” “Mi scusi, ma i Trovatori e
i Trovieri erano figli dei nobili del tempo, mentre i giullari e i menestrelli erano di umili origini: i giullari
vivevano a corte i menestrelli si dedicavano alle feste popolari. Durante le feste in onore dei Santi si met-
tevano davanti alle chiese e intonavano canti popolari molto semplici, direi come si fa anche oggi durante
le feste. Si accompagnavano con mandole, mandolini, tamburelli, sistri e cantavano poesie profane che
certamente non avevano niente in comune con la sacralità della festa religiosa che si era appena compiuta
in chiesa.” Rimase scandalizzata dalla lezione che le avevo impartita e il capo commissione (la preside
di un liceo classico) ridendo mi esortò a fare io l’esaminatore accorgendosi della scarsa preparazione che
avevano i commissari. Ancora ripensandoci mi viene da sorridere pensando a quella faccia rossa come un
peperone e alla sua “INTENSITÀ ” senza l’accento sulla A!
Ho voluto parlarvi di questo pensando che ancora oggi non è cambiato nulla dal Medioevo, forse la
differenza è che oggi i giullari e i menestrelli vengono chiamati cantautori, ne trovate lungo le strade, nelle
metropolitane delle grandi città, Milano, Roma ecc... Oggi però a differenza dei giullari e dei menestrelli
sono diventati dei divi, guadagnano parecchi euro, si presentano in televisione, sui giornali, fanno i filmati
delle loro canzoni, presentano, come i loro antenati, canzoni di una facilità melodica e armonica da fare
pena.. l’unica cosa interessante è che i loro testi non sono poetici bensì prosaici, interminabili, di difficile
rimembranza. Usano microfoni, altoparlanti, che usano in concerti dove trovano migliaia di ascoltatori,
concerti gratuiti offerti loro da organizzazioni comunali o ecclesiastiche. Davvero tutto molto squallido,
ma sta di fatto che qualcuno ha definito questi autori “CANTASTORIE”, sì come i giullari e i menestrelli.
Torno così indietro nel tempo a quando negli anni Settanta insegnavo a scuola media e davo come com-
pito ai miei scolari di registrare, o su carta o con il registratore a nastro (non c’erano i CD) le canzoni dei
loro nonni. Non erano molti quelli che portavano il compito, tante invece le giustificazioni. Stavo facendo
così incetta di canti tradizionali, i più erano canti in dialetto siciliano, calabrese, ma anche lombardi e
piemontesi. Ed ecco allora che i ragazzi cantavano “Sciuri, Sciuri”, “Vitti na crozza”, “Calabrisella”. Pa-
recchi ragazzi pensavano a lingue straniere, tanti altri invece le cantavano ben volentieri gareggiando con
quelle lombarde o piemontesi come “Quel mazzolin dei fiori”, “Sciur padron dalle belle braghe bianche”,
“La domenica andando alla messa”. Eh sì! Anche noi dopo la messa facciamo festa ma lasciamo cantare
i “CANTANTI” (i menestrelli) pagandoli profumatamente e subendo le loro ben scarse esibizioni.
Ciao e buona festa per il Cinquantesimo della nostra parrocchia.
Gianfranco vi augura un buon divertimento
Gianfranco