Pagina 11 - Il Tassello

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La carità tra accoglienza e ririfiuto
Chiara
Accoglienza e integrazione
Le avventure di Cheddonna
I
n fila all’ufficio postale Cheddonna attendeva ormai da un quarto d’ora il suo turno per
inviare una raccomandata.Davanti a lei una decina di persone, visibilmente insofferenti
per la lunga attesa, occupavano tutto lo spazio, snocciolandosi in una fila colorata e
sghemba tra la porta di vetro e il bancone.La signora davanti a lei, in coda da più di mezz’ora,
guardava con apprensione agli unici due sportelli funzionanti,dove gli impiegati erano intenti
a eseguire versamenti e prelievi su conti correnti postali di almeno tre dei cinque continenti.
“Tutti oggi?” Aveva esclamato infastidita, constatando come le difficoltà linguistiche degli
utenti davanti a lei non facilitassero certo lo snellimento della fila. “Eh, sì, già!”Era saltato su
l’arzillo pensionato alle spalle di Cheddonna, agitando con aria minacciosa la Gazzetta dello
sport “Adesso uno per venire a ritirare la pensione deve buttar via mezza giornata! Siccome
che io non ho niente da fare, no?” E si era guardato intorno, in cerca di approvazione. “È
giusto accoglierli”, diceva una donna dal piglio manageriale, consultando compulsivamente
l’orologio, “ma non si potrebbe stabilire un giorno dedicato alle loro operazioni, in modo
da non intralciare gli altri utenti?” Cheddonna, un po’ infastidita dalla piega velatamente
razzista che stava prendendo la conversazione, ostentava un’espressione impassibile. Certo,
anche a lei non piaceva dover aspettare così a lungo, anche perché nel frattempo la fila dietro
di lei si era ulteriormente infittita e non c’era quasi più spazio per muoversi all’interno del
piccolo ufficio postale, ma “Suvvia, non è mica colpa loro se non parlano bene l’italiano,
l’accoglienza ha come presupposto la tolleranza dopotutto.”Immersa in questi ragionamenti,
dopo un altro buon quarto d’ora di attesa, Cheddonna si era d’un tratto accorta che, dal
fondo della fila, un uomo di colore si era avvicinato a uno degli sportelli, facendo lo slalom
attraverso la folla assiepata. Intorno a lui il mormorio di fondo aveva lasciato il posto a un
silenzio carico di tempesta. “Eh, furbo questo!”Era sbottato, venendo meno di colpo a tutti
i suoi buoni propositi, “siamo tutti in coda da ore e arriva lui e pretende di passarci davanti!”
La gente assentiva, accompagnando gli “Oh!”, “Ben detto!”, “C’è la fila!” con vigorosi gesti
di approvazione del capo. “A me mi vengono i nervi quando vedo certe cose, ma però poi
ti dicono che sei razzista se ti lamenti. Ci farà perdere un’altra mezz’ora, non credo mica
che sa l’italiano, quello lì!” Era saltato su il pensionato, inviperito. L’uomo di colore si era
voltato un attimo, con aria interrogativa, aveva rivolto un sorriso di scuse alla piccola folla in
procinto di mangiarlo vivo, poi, rivolgendosi all’impiegato, gli aveva domandato: “Mi scusi,
potrebbe darmi una penna, per cortesia? Vorrei compilare il bollettino prima di mettermi in
coda. Grazie!” E, presa la penna, si era messo a scrivere ad un tavolino prima di rimettersi
pazientemente in fila, in mezzo a un silenzio improvvisamente di piombo e a decine di volti
avvampati e di occhi bassi.