PARROCCHIA
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CHRISTIAN BOBIN

Questi testi fanno “da assaggio” perchè ciascuno scopra Bobin acquistando i suoi libri!

Alcuni pensieri

Lo scrittore

Un elogio

Chi cammina

Il personaggio

L'intervista


I NOSTRI AMICI

Carlo Acutis

Etty Hillesum

Christian Bobin

Annalena Tonelli

Teresa di Lisieux

Eric-Emmanuel Shmitt

CHRISTIAN BOBIN

IL MESTIERE DELLO SCRITTORE
(4/4)

Scrivo a fine mattinata, nella stanza più ampia dell'appartamento. Scrivere è quando la pagina ha improvvisamente lo spessore d'un cielo basso e si presagisce la neve. Ciò che il cuore racchiude trova la via d'uscita e si precipita di fuori come una massa bianca.
Lo scrivere è il cuore che scoppia in silenzio e poi più nulla, quasi nulla: lettere che compongono parole, parole che si presentano e si saldano in frasi, frasi che sprofondano e si perdono nel mattino d'inverno. Scrivo alla macchina. Non so scrivere a mano nuda. La mano, per la sua vicinanza fisica al foglio, dà alla scrittura una certa ingenuità. La macchina stabilisce quel niente di distanza che è necessaria, il freddo indispensabile per accostarsi al fuoco, per avvolgere il fuoco in un foglio di carta bianca. I giorni in cui non scrivo sono i più numerosi.
Arrivano come dei barbari, si moltiplicano talora fino a raggiungere settimane e mesi. Non mi fanno più paura. Non ho più paura di niente - se non di sottrarmi a quella vita nobile che scorre nella mia vita come scorre in qualunque altra vita, anche la più miserabile, la più deprivata, anzi soprattutto in questa. Non ho mai un piano, nessun metodo. Non ci sono più regole per scrivere di quante ce ne siano per amare. In ambedue i casi bisogna inoltrarsi soli e spogli di consigli, senza la convinzione che esistano convenzioni da rispettare, conoscenze da possedere. Quando io comincio a scrivere, quello che devo scrivere è già tutto presente, e non attende altro che di essere ricopiato. Altrimenti è inutile - non vale la pena di cercarlo, di invocarlo, di vole rlo. Nella prima frase c'è già tutto il libro. Non posso dire: qui non c'è ancora niente e, il secondo dopo, arriva il testo. Non posso dirlo come non posso delimitare con precisione il luogo dove cade la pioggia da quello dove non cade. Quando piove, si ha l'impressione che abbia sempre piovuto e che pioverà per sempre. Lo stesso quando fa bel tempo. Così anche davanti alla scrittura, davanti al diluvio della vita bianca.
La scrittura è una zingara che si accampa a casa mia a intervalli irregolari, che parte senza preavvertirmi. È un suo diritto che mi lasci senza alcuna spiegazione, senza discutere le ragioni della partenza, senza pretendere di addolcirla con ragioni che finirebbero per rivelarsi false, è un diritto elementare di coloro che amo. A quelli che amo, io non chiedo nulla. A quelli che amo chiedo solo di sentirsi liberi da me e di non rendermi mai conto di ciò che fanno o di ciò che non fanno, e, naturalmente di non esigere mai una cosa simile da me. L'amore funziona solo con la libertà. La libertà funziona solo con l'amore.
Io sono come la mia amica scrittura, nomade. Io che non esco quasi mai da questo appartamento, mi muovo moltissimo. Nessuno è più collegato al mondo di me nei giorni in cui la mia porta resta chiusa. Nessuno scrive più di me nelle ore in cui non scrivo niente.

(da Avvenire)

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