Pagina 5 - Il Tassello

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TRA MOGLIE E MARITO
Sposarsi senza aspettati-
ve? Non si può. Anzi: è me-
glio avere sempre qualche at-
tesa sulle persone che amia-
mo. Ci serve a riconoscere
che non è vero che degli altri
sappiamo tutto. Avere delle
attese equivale a riconoscere
che anche colei o colui che
nella vita forse conosco me-
glio – mia moglie o mio mari-
to – è ancora capace di sor-
prendermi.
Non è dunque il fatto di
avere un'aspettativa a fare
problema. A fare problema è
piuttosto la pretesa che quel-
l'aspettativa sia sempre e sol-
tanto... secondo me.
Antonia e Vittorio – di-
cevano gli amici – sono
«come la benzina e i fiammi-
feri. Se qualcuno accende... si
salvi chi può!». Immagine az-
zeccata, perché i due pareva-
no fatti apposta per discutere
e accapigliarsi su tutto, ma
proprio tutto. Eppure – incre-
dibile a dirsi – in una occasio-
ne in cui uno che non li cono-
sceva troppo bene aveva sug-
gerito la separazione, i due
erano scoppiati in una frago-
rosa risata. Come a dire: «Ma
quando mai!».
Certo, a sessantacinque
anni lui e sessantuno lei, e
dopo trentacinque anni di ma-
trimonio, chi si sarebbe im-
barcato in una simile scelta
temeraria? D'altra parte, an-
che coloro che li conoscevano
da tempo sapevano che l'im-
magine della benzina e dei
fiammiferi non era cosa re-
cente. Gli amici di vecchia
data sostenevano, addirittura,
che già i loro genitori – in
questo assolutamente coaliz-
zati contro i rispettivi figli – li
rimbrottassero per quella con-
tinua lamentosità, fra marito e
moglie. Eppure, al colmo
dei paradossi, in quelle poche
circostanze in cui, nei trenta-
cinque anni di matrimonio,
Vittorio e Antonia si erano
dovuti staccare temporanea-
mente, l'uno dall'altra – per
un viaggio o per un breve ri-
covero neppure troppo preoc-
cupante – chi dei due che era
rimasto a casa era caduto in
un profondo stato di tristezza.
Insomma: Antonia a-
vrebbe potuto dire a Vittorio
«Mi manchi!». E viceversa.
Ovviamente nessuno dei due
lo aveva detto mai.
Ad ogni buon conto, in
un modo tutto loro, i due, pur
senza dirselo e, chissà, forse
senza nemmeno saperlo, si
volevano bene . Ma la
«regola» del loro rapporto era
che c'era sempre qualcosa
dell'altro che non andava be-
ne. L'espressione più ricorren-
te che i due usavano (allo
stesso modo) quando iniziava
una discussione era: «Sai... il
tuo
vero
problema è che...».
Già: tu hai un problema.
Antonia per Vittorio aveva
sempre «un problema», e vi-
ceversa.
Così, pian piano, i due
erano giunti alla persuasione
che l'altro
fosse
un problema.
Era un guaio? Sì, penso pro-
prio di sì. Perché era come se
la loro esistenza fosse tutta
proiettata in un improbabile
futuro: quello in cui quel pro-
blema, finalmente, si sarebbe
risolto. E i due, sempre in
quel fantomatico futuro, final-
mente sarebbero stati felici,
l'uno con l'altro.
Ecco l'aspettativa reci-
proca, di Antonia verso Vitto-
rio,
secondo Antonia
; e di
Vittorio verso Antonia,
secon-
do Vittorio
.
Le parole reciproche
sarebbero suonate, più o me-
no, in questo modo: «Oggi,
così, non mi vai bene. Se però
sarai come ti chiedo... domani
sarà diverso!».
Ma quel futuro sarebbe
mai arrivato? E chi lo sa!
Di fatto i due vivevano
ogni giorno della loro vita
sprecando il presente, fatto di
un amore vero che, però, a
forza di non essere mai
«detto» non veniva preso in
considerazione.
Quando ci aspettiamo
che l'altro cambi per qualcosa
che «secondo noi» non va,
dobbiamo essere cauti. Può
anche darsi che abbiamo ra-
gione. Eppure, se ci permet-
tiamo il lusso di dire, ogni
giorno, che non siamo conten-
ti di nostro marito o di nostra
moglie a meno che... cambi, è
perché abbiamo anche una
percezione un po' distorta del
tempo. Guardare sempre e
solo a quello che non c'è e
che «forse» ci sarà, è come
convincersi che il tempo non
ANTONIA E VITTORIO
OVVERO
COME TI VORREI