Pagina 5 - Il Tassello

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TRA MOGLIE E MARITO
«Angelo! Allora: vieni,
sì o no?».
«Tu comincia a salire in
casa – replicò Angelo senza
uscire dal box – devo sistema-
re una cosa...».
«Una cosa....
cosa
?», lo
incalzò Liliana visibilmente
irritata.
Effettivamente tutte le
volte che tornavano dalla spe-
sa al supermercato, era sem-
pre la stessa storia. Lei, Lilia-
na, carica all'inverosimile di
sacchetti ricolmi, doveva ar-
rancare verso casa, da sola,
arrischiando precari equilibri
per aprire le varie porte in
successione – quella dell'a-
trio, quella dell'ascensore,
quel la del l 'appartamento,
quella della cucina... – in
quanto lui, Angelo, si fermava
ogni volta nel box, perché...
c'era «una cosa» da fare.
Che cosa fosse
esatta-
mente
ciò che tratteneva il
marito nel box, Liliana non lo
sapeva. Sapeva benissimo,
però, il genere di cose di cui
poteva trattarsi. Erano quelle
che chiamava «le manie di
mio marito».
Questa volta, infatti,
Angelo si era attardato nel
box – aspettando che la mo-
glie uscisse – perché voleva
dare un'occhiata allo spec-
chietto retrovisore destro del-
l'automobile. Uscendo dal su-
permercato, infatti, avevano
trovato il retrovisore ripiegato
verso l'interno. Cose che capi-
tano nei parcheggi. Nulla di
male: una simile operazione è
prevista e dunque possibile.
Chissà, forse quello che aveva
parcheggiato accanto a loro –
effettivamente si era accostato
un po' troppo – l'aveva spo-
stato per poter aprire meglio
la propria portiera, oppure
semplicemente per passare.
Angelo non aveva detto
nulla, ma aveva subito pensa-
to all'eventualità che lo sco-
nosciuto «vicino» di parcheg-
gio avesse potuto compiere
quell'operazione in modo bru-
sco, o maldestro, insomma
non rispettoso dell'auto, fi-
nendo per danneggiare il re-
trovisore. Dunque se ne stava
lì a imprimere brevi movi-
menti allo specchio per sag-
giarne la stabilità, l'assenza di
strane oscillazioni, e verifi-
cando la presenza di graffi sul
guscio esterno «in tinta car-
rozzeria».
Effettivamente Liliana
non sbagliava troppo a chia-
marle «manie»; e ce n'era
sempre una nuova: per la ca-
sa, per l'uso del denaro e,
spesso, per l'automobile, ap-
punto. In una occasione, dopo
averla ritirata dall'autolavag-
gio, Angelo era rimasto quasi
dieci minuti a sistemare e risi-
stemare i tappetini posteriori,
perché sosteneva che li aves-
sero scambiati di posto: il si-
nistro era finito al posto del
destro e il destro al posto del
sinistro... Però non ne era si-
curo. Dunque, dopo averli
spostati, li toglieva nuova-
mente e... li rimetteva scam-
biandoli di posto un'altra vol-
ta. E così per due, tre, forse
quattro volte. In un'altra occa-
LILIANA, ANGELO E MASSIMO
OVVERO:
QUANDO GIOVANISSIMI NON SI È PIÙ
PENSIERI ANTICHI
Ai miei tempi nelle cascine dove abitavamo, non c’era ancora l’acqua
potabile. In ogni cortile c’era un pozzo dove si attingeva l’acqua, non solo per
gli usi domestici ma anche per gli animali. I secchi che risalivano dal pozzo
colmi d’acqua, erano molto pesanti e questo lavoro faticoso solitamente lo
facevano le donne. Con l’arrivo dell’acqua potabile non sembrava vero che
con il semplice gesto di aprire un rubinetto, si potesse evitare tanta fatica.
Quelli della mia generazione hanno vissuto questo cambiamento senza rimpianto per il pozzo. Que-
sti ora si trovano nei giardini delle ville a scopo ornamentale, ma vedendoli ripenso che, ai miei
tempi, erano indispensabili per un vivere dignitoso.
E
LISA
G.
I POZZI NELLE CASCINE