Pagina 3 - Il Tassello

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Dalla redazione mi viene
chiesto di esprimere i miei
sentimenti arrivato a 80 anni,
e cosa penso per il dopo. Lo
faccio volentieri, sperando di
aiutare qualcuno a vivere be-
ne la terza età che il buon Dio
ci concede.
Chi l’avrebbe detto: sono arri-
vato a 80; ho sorpassato l’età
di tutti i miei antenati. Per
quale merito? O io ho la testa
dura o Dio vuole che sconti i
miei peccati di qui piuttosto
che di là. E anche questo è
una manifestazione del suo
amore. Allora è d’obbligo fa-
re un esame di coscienza e di
guardare al passato prima di
pensare al futuro.
Guardo indietro e mi vedo
piccolo, primo di otto fratelli,
con un padre e una madre che
mi facevano filare, contento
di giocare con i miei compa-
gni della cascina delle Mona-
che
(quante
g i o c a t e ! ) .
Chi er ichet to
portato pre-
sto al matti-
no dalla
ma mma
a servire
Me s s a ,
a n c h e
d’inver-
n o ,
quando
n o n
c ’ e r a
riscaldamento. Mi rivedo all’-
oratorio dei Salesiani a Trevi-
glio, barista con lo sgabello
sotto i piedi, perché non arri-
vavo al banco; giocatore di
pallone (che pallonata in fac-
cia una volta che don Bom-
bardieri mi ha buttato a terra.
Si chiamava Bombardieri, ma
bombardava davvero).
Poi a 14 anni mi vedo semina-
rista a Seveso, dove ho patito
le pene dell’inferno durante la
guerra. Eravamo giovani con
tanta fame e pane non ce n’e-
ra, ci davano le patate che a
volte erano gelate. E i geloni
per il freddo scoppiavano, e
durante i bombardamenti ci
conducevano in cantina, dove
vedevamo attaccato al soffitto
lo spago dei salami, ma loro
non c’erano. In compenso ci
facevano recitare il rosario. E
dopo i bombardamenti, senza
vetri alle finestre, tamponate
con la carta, si doveva andare
a scuola ugualmente. E gli
insegnanti soffrivano con noi;
alle 10.30, invece della me-
renda si andava in cortile a
fare una corsa per scaldarsi.
Ma quanto entusiasmo!
Mi rivedo poi negli studi lice-
ali e in teologia a Venegono
dove non si scherzava; e le
prime esperienze con il cate-
chismo negli oratori delle
Parrocchie vicine. Ma si gio-
cava anche, e molto. Ho vinto
una maratona nei boschi, io il
più piccolo, e sudavo come i
cavalli; mi veniva fuori il
bianco dalla fascia della ve-
ste.
Mi rivedo trepidante nell’im-
minenza dell’ordinazione e
poi in Duomo quella domeni-
ca 27 giugno 1954 con i miei
70 compagni prostrato a terra
come annichilito e rialzarmi,
rosso in faccia, trepidante ma
gioioso.
Ripenso alle prime esperienze
sacerdotali a Monza san Car-
lo, a Imbersago, a Figino Mi-
lane-se e poi definitivamente
coadiutore ad Arnate di Galla-
rate. Rivedo i miei giovani
che oggi sono nonni, e vengo-
no a trovarmi. Come era bello
quando eravamo giovani! E
poi Parroco a Bedero Valtra-
vaglia per 14 anni. Quanto
lavoro e quanto entusiasmo e
quante consolazioni con i ra-
gazzi dell’oratorio (quante ne
ho fatte sui monti e al lago, se
ve le racconto tutte occupo
l’intero Tassello!)
L’OCCHIATA DI DON PEPPEINO
OTTANTA… E OLTRE!
Il messaggio positivo della trasgressione
allerta la comunità sulla possibilità non remota
di avere già in seno i germi dell’isolazionismo,
ben illustrato dalla tendenza del popolo ad ave-
re una sola lingua, ad occupare un solo spazio,
a delimitare bene i confini, ad arroccarsi nella
propria piccola città, all’insistenza sul “noi”
proprio per distinguersi dagli “altri”.
In ogni tempo della storia l’uomo tra-
sforma la frontiera in confine, e non è più capa-
ce di superarla. Dio ridona al confine dignità di
frontiera e libera l’uomo dalle sue stesse paure.
D
ON
A
TTILIO