Pagina 9 - Il Tassello

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Allora
quel
discepolo che Gesù a-
mava disse a Pietro: “E’ il
Signore!”. Simon Pietro, ap-
pena udì che era il Signore, si
cinse ai fianchi la tunica, per-
ché era spogliato, e si gettò in
mare. (Gv 21,7)
Un tuffo in mare (per
la verità il lago di Genesaret):
così Pietro esprime non solo
la sua impulsività, ma qualco-
sa di più, il suo coraggio, la
sua generosità, il suo amore
appassionato per Gesù risorto
che è apparso sulla riva del
lago e ha chiesto ai discepoli
di gettare di nuovo le reti, che
si sono riempite di una quan-
tità enorme di pesci. Non ci
sorprende il tuffo di Pietro,
siamo abituati dai Vangeli ai
gesti improvvisi e imprevedi-
bili di questo discepolo, nel
bene e nel male. In un certo
senso, Pietro è uno che va
sempre al di là dei limiti fis-
sati dalla ragionevolezza, dal-
la logica, dalla sensatezza u-
mana: già una volta, il matti-
no in cui Gesù lo chiamò a
diventare pescatore di uomini,
aveva sorpreso tutti uscendo
di nuovo a pescare dopo una
notte fallimentare, fidandosi
della parola di Gesù (Lc 5); la
sera in cui il Maestro fu arre-
stato, fece un gesto sconside-
rato, colpendo con la spada un
servo del sommo sacerdote e
staccandogli un orecchio (Gv
18). E potremmo ricordare la
professione di fede a Cesarea
e il rinnegamento di Gesù
mentre quest’ultimo viene
processato e umiliato.
Gli
eccessi
di Pietro
non sono solo una questione
di temperamento, una specie
di allergia alle regole, come
una “naturale” propensione a
superare i limiti. In particola-
re, se cerchiamo di interpreta-
re il tuffo nel lago per rag-
giungere a nuoto e quindi più
velocemente il suo Signore
che lo aspetta sulla riva, ca-
piamo che l’
eccesso
di Pietro
è una caratteristica della sua
fede, è una realtà che trova la
sua spiegazione solo nell’a-
more per Gesù. Del resto, è
così che Gesù
stesso ha vis-
suto la sua
umanità, co-
me eccedenza
di amore, di
gratuità,
di
sbilanciamen-
to verso gli
altri,
di
“uscita da sé”
per ritrovare
se stesso nella
comunione
con il Padre.
La croce non
è altro che
eccesso di a-
more, un a-
more che va
oltre ogni ra-
gionevolezza, ogni calcolo di
convenienza, ogni limite im-
posto dal buon senso degli
uomini.
Così anche i santi han-
no
cercato
di
imitare
l’“eccesso” della croce di Ge-
sù. Tra i tanti, vorrei citare
sant’Ignazio di Loyola, il qua-
le nei nn. 164-168 del libro
degli
Esercizi spirituali
pro-
pone la meditazione dei “tre
gradi di umiltà”, che costitui-
scono tre tappe di purificazio-
ne del cuore o tre momenti
progressivi di assimilazione a
Gesù. Il linguaggio è forte,
persino duro, “esagerato” di-
remmo, ma quello che mi pa-
re importante è il senso del
cammino che Ignazio descri-
ve.
Il
primo
gradino
(
Esercizi spirituali
n. 165) è
l’allontanamento dal peccato
grave, che tiene lontani da
Dio: in positi-
vo vuol dire
che si sceglie
Dio, si prende
la
decisione
fondamentale
di obbedire a
Dio, di ricono-
scere il suo
primato sulla
nostra vita, si
decide insom-
ma di aver fe-
de, concreta-
mente.
Il secondo mo-
mento
(
Esercizi spiri-
tuali
n. 166) è
descritto da s.
Ignazio, per la
verità con qualche oscurità,
come un mettersi nella condi-
zione di «non volere e neppu-
re di inclinarmi a possedere la
ricchezza piuttosto che la po-
vertà, l’onore piuttosto che il
disonore…nella presupposi-
zione che ciò sia la stessa co-
sa per il servizio di Dio e la
salvezza della mia anima»:
OLTRE I LIMITI
LA SAPIENZA CRISTIANA DELLA CROCE