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Santuario di Caravaggio
Bergamo

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Verità storica

La prima notizia documentata dell’Apparizione risale al 31 luglio 1432, e si può leggere in una pergamena del 31 luglio 1432 rinvenuta a Cremona fortunosamente tra antiche carte di curia dal paleografo Ippolito Cereda nel giugno 1857. Per quanto l'originale sia poi misteriosamente divenuto di nuovo introvabile, ne abbiamo per fortuna due successive trascrizioni (1857-1878), la prima delle quali autenticata da tre notai cremonesi (Stradiotti, Pizzamiglio, Sacchi) nel giorno stesso della trascrizione il 9 giugno 1857 e due edizioni a stampa (Milano 1872-1879).
Questa è la prova diretta sia dell’Apparizione avvenuta sia del Santuario costruito sul luogo dove era apparsa la Madonna. E cioè: che dopo l'Apparizione, dei rappresentanti notabili e popolari della comunità di Caravaggio si recarono dal vescovo di Cremona a testificare il fatto, per sottoporlo a esame canonico. Riconosciuto l’evento degno di credibilità, ottennero l’autorizzazione di edificare una chiesa con ospedale annesso sul luogo dell'Apparizione, e la determinazione del regime canonico delle due istituzioni. Fin verso l’ultimo quarto del Settecento non si era sollevato alcun dubbio sulla veridicità storica dell’Apparizione della Madonna a Giannetta de Vacchi sul prato Mazzolengo presso Caravaggio verso le cinque della sera il lunedì 26 maggio 1432. L’ininterrotta catena di “grazie ricevute” aveva portato a designare dal secolo XVII le realtà fiorite in seguito all’Apparizione come “veneranda Chiesa ed Ospitale della Beata Vergine Maria della Fontana de miracoli di Caravaggio” o “di Nostra Signora del Sacro Fonte de miracoli di Caravaggio” o semplicemente del “Fonte de miracoli in Caravaggio”. La tradizione dell’evento raccontato di generazione in generazione nei suoi elementi essenziali fin dallo stato nascente ed evidenziata dalla chiesa, dal fonte, dall’ospedale; riconosciuta e confermata da interventi delle massime autorità religiose e civili, da volontà testamentarie e opere di pietà e di carità sarà verbalizzata in resoconti ufficiali. La prima Historia a stampa e quella scritta del gesuato milanese Paolo Morigi edita nel 1599; ciò che l’ha preceduta sembra sia rimasto manoscritto e a tutt’oggi risulta irreperibile. Gli storici antichi ignoravano la "lettera patente" (31 luglio 1432) del vicario del vescovo, Antonio Aleardi; per di più le loro narrazioni si esprimono in un genere letterario composito: storia, tradizio­ne e amplificazioni pietistico-devozionali. Tuttavia le obiezioni critiche mosse a partire dalla fine del Settecento e non del tutto sopite nemmeno nei secoli successivi sono fondamentalmente prevenute.
Facile, anche se legittimo, evidenziare le amplificazioni pietistico-devozionali degli agiografi, ma non è lecito ignorare il particolare genere letterario delle antiche narrazioni delle apparizioni e dei santuari: un misto di storia e di tradizioni miranti all’elevazione spirituale più che alla erudizione culturale. Ciò nonostante, chi leggesse senza preconcetti questa letteratura sull’evento dell’apparizione della Madonna a Caravaggio saprebbe scoprire anche negli antichi “storici” grande esigenza di fedeltà ai fatti. E’, certo, legittimo e doveroso che la storia si scriva con senso critico, sia pure sereno e appassionato; le opinioni e le credenze non documentate esigono discernimento critico; anche le esagerazioni, per esempio, nel culto popolare alla Vergine Maria meritano una critica severa. Ma gli stessi critici a loro volta possono e devono essere criticati: quando esprimono obiezioni sulla carenza di documentazione coeva dei fatti senza conoscere che invece esiste; se tendono ad attribuire a illusione o finzione le asserzioni della veggente e le attestazioni di persone che condividono e riferiscono la sua testimonianza anche se vagliate da chi può autorevolmente dichiararne la credibilità; se danno a circostanze secondarie la rilevanza del nucleo storico originario, e leggono aspetti tradizionali minori o notazioni dei testi ufficiali senza conoscere la realtà ambientale.
I critici della fine Settecento non vanno colpevolizzati, certo, d’ignorare che il fatto dell’Apparizione e dei “miracoli” a essa immediatamente seguiti non solo era stato attestato ma veniva ritenuto credibile a causa delle testimonianze degne di fede recate da Caravaggio al vicario generale del vescovo Venturino de Marni in quel tempo impegnato al concilio di Basilea, al punto da autorizzare la costruzione di una chiesa con annesso ospedale sul luogo dell’evento e designare Bonincontro Secco, vicario del vescovo per la Gera d’Adda, a benedirne la prima pietra.

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Redazione Web: don Sergio, Achille, Dario

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